Il sentiero dei nidi di ragno è un romanzo scritto da Italo Calvino che, non di rado, gli insegnanti di lettere consigliano ai loro studenti di leggere durante le tanto attese vacanze estive.
Fermo restando che la conoscenza di un’opera e del suo autore passa essenzialmente da un contatto diretto tra il lettore ed il manoscritto, in certi casi, fosse solo per questioni mnemoniche, può tornare utile avere a disposizione un riassunto a cui fare riferimento.
Ecco quindi una veloce sintesi ed un’analisi delle tematiche e dei personaggi presenti nell’opera. Buona lettura e… buone vacanze!
Qualche cenno introduttivo
Il sentiero dei nidi di ragno è un romanzo che Italo Calvino diede alla stampa soltanto nel 1947 affidandolo alla casa editrice Einaudi ed è anche il primo racconto lungo della sua fortunata carriera. L’opera è ambientata nel periodo compreso tra il 1940 ed il 1945, momento in cui l’umanità faceva i conti con tutte le brutture scaturite dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Tutti gli eventi qui descritti si succedono rapidamente sotto lo sguardo di Pin, un bambino che, lo si noterà praticamente sin da subito, non ha caratteristiche nemmeno lontanamente assimilabili a quelle che contraddistinguono l’infanzia di ognuno di noi.
Riassunto dell’opera
Lo scrittore ha deciso di ambientare l’intera vicenda in Liguria, molto probabilmente a Sanremo (non si fa menzione esplicita della città, ma alcuni dettagli lasciano presagire che sia proprio essa a far da sfondo agli eventi narrati).
Pin, il protagonista, non è che un bambino di dieci anni, ma questo non gli ha impedito di fare nella sua vita delle brutte esperienze: ha perso la madre in tenerissima età, il padre latita perché imbarcato per lavoro su navi di ogni genere e tipo e la sorella Rina, con la quale vive, non riesce a guadagnarsi il pane se non vendendo il suo corpo. Essa è da tutti chiamata la Nera di Carruggio Lungo.
Le esperienze di vita del giovane Pin, spingono il bambino ad allontanarsi dai suoi coetanei e a cercare semmai il conforto dell’amicizia con gli adulti. Purtroppo però alla cattiveria umana ed all’accanimento del destino sembra non esserci limite ed il ragazzino non trova nessuno disposto a soprassedere sul lavoro della sorella che, come se non bastasse, si intrattiene anche con i soldati tedeschi.
Pur di conquistarsi la simpatia di qualche adulto allora, è questa una chiara ricerca di sostituti alle figure genitoriali, il bambino si introduce di soppiatto nelle stanze in cui Rina esercita il suo mestiere e ruba dalle tasche dei clienti quello che trova: dal tabacco ad una P38. Quest’ultima, arma di ordinanza di un soldato tedesco, viene da Pin prelevata e sepolta nel bosco, esattamente laddove i ragni intessono i loro nidi. Mai scelta si è rivelata più destabilizzante. Il piccolino, che insieme alla pistola ha rubato anche il cinturone del militare, viene notato da altri soldati tedeschi che, insospettitisi, decidono di incarcerare il ragazzino. Pin non può opporre chissà quale resistenza all’arresto e si trova in un batter d’occhio a condividere la cella con il suo ex datore di lavoro, Pietromagro il ciabattino, e con Lupo Rosso, un adolescente che era finito in galera per essersi distinto come partigiano. Tra i due giovani nasce finalmente (o almeno così sembra) quell’amicizia che Pin ha sempre ricercato con tanto ardore, tanto che in breve tempo essi stringono un sodalizio che li porta ad evadere insieme dalla prigione. Lupo Rosso però, passato qualche tempo dalla fuga, avrebbe dovuto presentarsi nel bosco dove Pin aveva sepolto l’arma rubata al cliente di Rina, ma il patto, per ragioni non meglio precisate, non viene rispettato. In preda ad una cocente delusione Pin vaga per il bosco sin quando non incontra Cugino, un altro partigiano.
L’uomo, preso il bambino sotto la sua ala protettiva, decide di arruolare il giovane nella banda di provenienza, quella del Dritto che guida i cosiddetti “uomini senza coscienza di classe”. Qui Pin incontra molti volti nuovi e rivede anche Lupo Rosso a cui, dopo il tradimento (appuntamento mancato), non sente di potersi legare in un rapporto di sincera amicizia.
Uno dei partigiani che il bambino conosce in questo accampamento, Pelle, avrebbe di tanto in tanto frequentato Rina. Questo particolare, unito alla propensione dell’uomo a parlare sempre di armi, convince Pin a rivelare all’antinazista della pistola interrata tempo addietro all’inizio del bosco. Fiducia mal riposta: Pelle infatti, adirato con il Dritto per futili questioni, abbandona l’accampamento e va a raccontare tutto ai Tedeschi i quali, ovviamente, non mancano di assalire ed arrestare i partigiani. Nella confusione generale arrivano anche altri oppositori politici (Kim e Ferriera), Pin intuisce che tra il Dritto e Giglia, moglie del Mancino (un altro partigiano) c’è una tresca e riconosce negli aggressori i soldati tedeschi. Scappa quindi dall’accampamento e si ritrova di nuovo solo, così solo da vagare in preda alla disperazione per le montagne liguri sin quando non scorge il suo villaggio incenerito dai bombardamenti.
Si reca allora sul sentiero dei nidi di ragno e, alla ricerca della “sua” pistola, si rende conto che qualcuno, sicuramente Pelle, l’ha sottratta al suo “legittimo” possesso. L’arma però viene stranamente ritrovata a casa, dove intanto Pin fa ritorno. La proprietaria della pistola sembrerebbe adesso essere Rina che ha accettato l’oggetto regalatole da un giovane membro delle Brigate Nere, probabilmente lo stesso Pelle. Pin si riappropria allora dell’arma e fugge. Incontra sul suo cammino Cugino a cui decide di raccontare l’intera vicenda. Il partigiano però sembra quasi disinteressarsi di Pin, dell’arma e dei tedeschi: desidera solo possedere una donna (o almeno questo confida al bambino). Spalle al muro, il giovane, disposto a tutto pur di farsi prendere in considerazione dall’uomo, gli propone di diventare cliente della sorella. Il partigiano si avvia così verso casa di Rina e Pin resta invece nel bosco. Quando però da lontano ode degli spari intravede tra le fronde Cugino che gli comunica fuggendo che le donne adesso gli fanno letteralmente ribrezzo. Pin intuisce allora che questo brusco cambio di idee è probabilmente da mettere in relazione con il fatto che il ribelle, convinto che Rina potesse essere una spia, abbia in realtà ucciso la giovane prostituta. Il bisogno di poter confidare nella protezione di un adulto è però per lui più forte del richiamo del sangue e decide così di fuggire, mano nella mano, insieme a Cugino.
I personaggi
Come spesso accade quando a scrivere è Italo Calvino, i personaggi del romanzo hanno funzione e spessore psicologico particolare. In essi si fondono esperienze autobiografiche, ricordi personali, significati metaforici e quant’altro.
Analizziamo quindi le figure più importanti del racconto.
Pin
Pin è ovviamente il protagonista del romanzo. Si tratta di un ragazzetto che non dispone del becco di un quattrino, maleducato fino al midollo e ribelle come pochi.
La sua vita da adulto lo spinge già in tenera età ad avere il desiderio di conquistarsi un posto nel mondo dei grandi, tuttavia la sua è una mente da bambino che non gli consente di capire bene quale possa essere la differenza tra bene e male o di comprendere a fondo quali siano le reali intenzioni che muovano i comportamenti umani.
Cugino
Cugino è una montagna umana, una sorta di gigante dai capelli e dai baffoni rossi che, a dispetto delle sue sembianze da orco, nasconde un carattere mite e dolce. Nonostante ciò la moglie non ha esitato a tradirlo, cosa che lo ha reso immediatamente un misogino.
Egli è l’esatto complementare di Pin, è cioè un bambino intrappolato nel grosso corpo di un adulto, mentre il ragazzino è un uomo ingabbiato (non solo metaforicamente) nelle membra di un bambino.
Lupo Rosso
Lupo Rosso ha appena sedici anni, ma questo non gli impedisce di avere le idee chiare sulla sua vita e sul suo futuro. Lo stesso nome in codice da lui scelto per arruolarsi tra le fila dei partigiani rimanda all’idea di forza ed aggressività.
La sua personalità è però per certi versi duplice e contraddittoria come rivela ancora proprio il suo nome: il rosso è infatti un colore spesso associato al comunismo, mentre il lupo è un animale da molti avvicinato al regime fascista.
Egli è un valoroso partigiano, ma è anche un tisico e non riesce ad alimentarsi in maniera corretta. C’è il lui insomma qualcosa di anomalo, di mistico e terreno che è difficile individuare.
Calvino diede vita a Lupo Rosso ispirandosi alla figura di Sergio Grignolio, il partigiano Ghepeù.
Dritto
Dritto è l’uomo perduto e probabilmente il suo nome è quasi rivelatore di una sorta di crudele legge del contrappasso. Egli è “dritto”, ossia giusto e saggio nell’immaginario comune sin quando guida i partigiani, ma cede alla tentazione di avere dei rapporti con Giglia, moglie di un compagno e di un amico. In questo contesto il significato di “retto ed onesto” che inconsciamente abbiamo tutti associato il suo nome, crolla miseramente.
Proprio questa sua debolezza tra l’altro lo porta a bruciare per sbaglio l’accampamento, scatena gli eventi che determinano l’assalto tedesco condotto ai danni dei suoi compagni e si traduce alla fine nella ragione ultima della sua fucilazione-espiazione.
Pelle
Pelle è un uomo di poco conto, un falso amico, colui il quale per ragioni tutto sommato futili tradisce tutti i partigiani della sua squadra. Il nome rimanda a qualcosa di estremamente terreno.
Erroneamente Pin lo giudica invece un individuo affidabile e degno della sua amicizia, ma la sua valutazione, l’abbiamo visto, si rivela davvero poco attendibile.
I temi trattati
I temi trattati nel primo romanzo di Calvino sono parecchi e non sempre immediatamente visibili all’occhio del lettore.
Un posto d’onore in questo scritto ha sicuramente il tema dell’amicizia. Si tratta però di un’amicizia dai contorni un po’ malati e mal definibili: basti pensare che Pin non va nemmeno ad accertarsi delle condizioni di salute della sorella quando intuisce che la ragazza possa essere stata vittima di un proiettile sparato dal misogino amico, il tutto semplicemente per seguire Cugino nelle sue peregrinazioni.
Non meno importante è poi il tema della solitudine, quello stato d’animo che spinge un bambino a crescere velocemente perdendo ogni malizia ed ogni traccia di innocenza, consentendogli di offrire la sorella in pasto al primo venuto, di rubare senza alcuna remora e di sacrificare tutto pur di liberarsi di quell’onnipresente senso di vuoto interiore.
Ovviamente hanno un loro posto nella dinamica del romanzo anche i temi della guerra e dell’adolescenza, argomenti in cui è possibile scorgere una nota autobiografica che Italo Calvino non si preoccupò più di tanto di nascondere ai suoi più affezionati lettori. Lupo Rosso condensa queste due tematiche alla perfezione: è un adolescente problematico dedito alla guerra ed alla violenza, è curioso del male ma in qualche modo attratto anche dal bene.
Foto copertina di Donato Accogli from Tricase or Bologna, ITALY – Libertà, CC BY 2.0, Collegamento.