La didattica a distanza, la cosiddetta DAD, è una novità recentemente introdotta nel mondo della scuola. Per cause di forze maggiori, l’imperversare della pandemia di covid-19, si è stati costretti infatti in diversi istituti ed in diversi momenti a limitare l’accesso degli alunni nelle aule scolastiche. Questo ha sicuramente rallentato se non addirittura bloccato il normale processo formativo di migliaia di studenti.
Visto il protrarsi della situazione, il governo ha dovuto perciò elaborare una soluzione che potesse garantire alla popolazione alti standard di sicurezza e che, al contempo, non privasse bambini ed adolescenti del diritto allo studio.
Uno dei tanti DPCM recentemente varati dal presidente del consiglio ha allora imposto a docenti ed alunni di interagire da remoto, un po’ come se le lezioni fossero diventate delle videoconferenze. Insomma: piuttosto che rallentare la vita scolastica dei ragazzi concedendogli un anno sabbatico, si è fatto ricorso ad una nuova metodologia di apprendimento ed insegnamento.
Si tratta di una buona soluzione? C’è chi dice di sì, c’è chi dice di no. Non ci interessa in questa sede entrare nel merito della questione, quello che ci preme è però fare un po’ di informazione. Pare infatti che la didattica a distanza stia avendo varie ripercussioni fisiche e mentali sugli studenti. Una di queste riguarderebbe il rapporto con il cibo.
Dubbi del Comitato Tecnico Scientifico
Alberto Villani e Luca Richeldi sono due medici di successo. Il primo è un pediatra, il secondo uno pneumologo. Tanto l’uno quanto l’altro fanno parte del CTS, vale a dire del Comitato Tecnico Scientifico.
L’ente ha recentemente avvertito la necessità di riflettere sulle ripercussioni che la didattica a distanza avrebbe sugli studenti. I membri del comitato in generale sarebbero propensi ad affermare che privare dell’esperienza scolastica i ragazzi di età compresa tra i 12 ed i 19 anni significa esporli a qualche possibile problema emotivo e psicologico.
Il benessere psicofisico dei giovani, soprattutto di quelli che hanno già dovuto fare i conti con il coronavirus durante le battute finali dello scorso anno accademico, potrebbe risentire dell’allontanamento dai banchi di scuola. Ciò sarebbe vero soprattutto nel caso dei ragazzi appartenenti a ceti sociali più disagiati.
I rischi di un’alimentazione disordinata
Il disagio che questa terribile pandemia crea nei corpi e nelle menti dei nostri giovani non finisce qui. A quanto pare la didattica a distanza potrebbe tradursi in molti casi in una serie di disturbi alimentari, mentre sopratutto nel periodo invernale è necessaria una dieta per rafforzare il sistema immunitario. Già in occasione del primo lockdown infatti in molti sono caduti vittima del cosiddetto effetto yo-yo, ossia di una evidente oscillazione del peso.
Italo Farnetani, anch’egli pediatra, teme che nel caso degli adolescenti ciò possa spianare la strada all’adozione di pericolose diete fai da te e, in maniera un po’ più generale, alla sregolatezza delle abitudini alimentari. Preparare in casa il pane ed assaggiarlo appena sfornato, mangiare tra i pasti più e più volte, cucinare per combattere la noia, saltare la colazione perché magari ci si alza più tardi e così via significa un po’ stravolgere le abitudini ed il corpo di un giovane.
L’importanza della famiglia
A questo punto, parola di esperti, niente diventa più importante della famiglia. Chiaro è che imporre un lockdown non è un gioco e chiaro è che l’adozione della formula DAD è figlia dei tempi e delle circostanze. Il governo insomma ha tentato di scegliere il male minore pur sapendo che l’opzione proposta avrebbe creato notevoli difficoltà a buona parte della popolazione. La famiglia, dal canto suo, rendendosi conto di ciò, dovrà stare ancora più attenta all’alimentazione dei ragazzi. Per concludere perciò diremo che ai giovani, succeda quel che succeda, dovrà essere garantita una dieta sana e sostanzialmente equilibrata in cui siano discretamente presenti latte e derivati.