Congedo paternale: diritti, durata e come richiederlo

Il congedo paternale, formalmente definito congedo di paternità obbligatorio, è una misura retribuita che consente ai padri lavoratori di dedicare tempo alla cura del figlio nei primi mesi di vita o in occasione di adozione e affidamento. Nato come iniziativa sperimentale nel 2012 e stabilizzato nel 2017, oggi rappresenta uno degli strumenti più rilevanti per promuovere la genitorialità condivisa e favorire un’equa distribuzione dei compiti familiari.

Oltre a rafforzare il legame padre-figlio, il congedo paternale sostiene la madre nella fase post-partum, riducendo il rischio di sovraccarico fisico ed emotivo. Secondo dati INPS, nel 2023 sono state presentate circa 170.000 domande, con un aumento del 12% rispetto all’anno precedente, segno di un utilizzo in crescita e di una maggiore consapevolezza tra i lavoratori.

Cos’è il congedo paternale e chi ne ha diritto

Il congedo paternale è un diritto autonomo e distinto dal congedo parentale, pensato per garantire la presenza del padre in un momento delicato per la famiglia.

È un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro con retribuzione al 100%, destinato ai padri lavoratori dipendenti. La finalità è duplice: garantire un supporto diretto alla madre e permettere al padre di instaurare fin da subito un legame stabile con il bambino.

La disciplina si fonda sul D.lgs. 151/2001 (Testo unico sulla maternità e paternità), modificato dal D.lgs. 105/2022, che recepisce la direttiva UE 2019/1158 sulla conciliazione vita-lavoro. Le norme definiscono la durata, i requisiti, le modalità di richiesta e le tutele.

Hanno diritto al congedo i padri lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato, compresi i contratti a tempo determinato, part-time e in apprendistato. Il beneficio spetta anche ai padri adottivi e affidatari. Per i lavoratori autonomi valgono solo eventuali disposizioni specifiche dei rispettivi ordinamenti.

Durata e modalità di fruizione

La normativa stabilisce tempi precisi e opzioni di utilizzo che garantiscono una fruizione flessibile, adattabile alle esigenze familiari.

Giorni spettanti e casi particolari

Il congedo paternale prevede 10 giorni lavorativi retribuiti al 100%, utilizzabili anche in caso di parto prematuro, adozione o affidamento. Se la nascita è gemellare o plurima, i giorni salgono a 20. Questo periodo è aggiuntivo rispetto al congedo parentale e indipendente dalle scelte della madre.

Periodo in cui può essere utilizzato

Può essere fruito nei due mesi precedenti la data presunta del parto e nei cinque mesi successivi alla nascita o ingresso in famiglia. Questa finestra temporale permette di pianificare la presenza in base alle esigenze della famiglia e alla salute della madre.

Fruizione continuativa o frazionata

I giorni possono essere usati consecutivamente o frazionati in più periodi. Ogni giornata è riconosciuta come assenza lavorativa retribuita, indipendentemente dall’orario di lavoro. La modalità va concordata e comunicata nei tempi previsti per garantire la riorganizzazione interna.

Retribuzione e tutele economiche

Il congedo paternale garantisce al lavoratore una copertura economica totale, così da permettere la fruizione senza penalizzazioni sul reddito. La normativa prevede che il periodo sia indennizzato, tutelato sotto il profilo contributivo e neutro rispetto agli altri istituti contrattuali.

Indennità giornaliera e calcolo

Durante i giorni di congedo paternale obbligatorio, il padre ha diritto a un’indennità pari al 100% della retribuzione media globale giornaliera. Il calcolo viene effettuato considerando la retribuzione percepita nel periodo immediatamente precedente al congedo, includendo le voci fisse e continuative previste dal contratto collettivo nazionale applicato.

  • Per i lavoratori con retribuzione mensile fissa, l’importo è determinato dividendo lo stipendio per il numero di giornate lavorative del mese.

  • Per i lavoratori con paga oraria o giornaliera, si moltiplica la paga oraria per il numero di ore che sarebbero state effettivamente lavorate.
    L’indennità è erogata direttamente dall’INPS o anticipata dal datore di lavoro in busta paga e poi conguagliata con i contributi dovuti.

Copertura contributiva e diritti previdenziali

Il periodo di congedo paternale è coperto da contribuzione figurativa, ossia da contributi accreditati dall’INPS che hanno lo stesso valore dei contributi effettivamente versati.

Questa tutela è fondamentale perché:

    • garantisce che il periodo sia conteggiato ai fini del calcolo della pensione;

    • mantiene intatta l’anzianità contributiva;

    • assicura che il lavoratore non subisca penalizzazioni nei futuri calcoli previdenziali.

La contribuzione figurativa vale sia per i periodi obbligatori di 10 o 20 giorni (in caso di parto plurimo) sia per eventuali periodi aggiuntivi concessi in condizioni particolari.

Impatto sul trattamento di fine rapporto e ferie

Uno dei vantaggi più rilevanti è che il congedo paternale non comporta alcuna riduzione di ferie, permessi, tredicesima mensilità o trattamento di fine rapporto (TFR).

Questo perché il periodo è considerato servizio effettivo a tutti gli effetti:

  • le ferie continuano a maturare regolarmente;
  • il TFR viene calcolato includendo le giornate di congedo;
  • la tredicesima e altre mensilità aggiuntive non subiscono decurtazioni.

Per molti lavoratori questa garanzia rappresenta un elemento determinante nella scelta di richiedere il congedo, perché elimina il timore di perdere parte dei propri diritti economici a lungo termine.

Procedura per la richiesta

Per usufruire del congedo paternale è fondamentale seguire con precisione le modalità previste dalla legge, così da evitare ritardi nell’erogazione dell’indennità o, nei casi peggiori, il rigetto della domanda. La procedura varia leggermente a seconda che il lavoratore sia dipendente del settore privato o del settore pubblico, ma in entrambi i casi è necessario rispettare tempistiche, requisiti documentali e canali di presentazione specifici.

Documentazione necessaria

Il lavoratore deve presentare una documentazione chiara e completa, che in genere include:

  • Dati anagrafici del figlio, comprensivi di nome, cognome, data e luogo di nascita.

  • Certificato di nascita o dichiarazione di nascita rilasciata dall’ospedale o dal Comune.

  • In caso di adozione o affidamento, provvedimento dell’autorità competente che ne attesti la data e le condizioni.

  • Eventuale autocertificazione ai sensi del DPR 445/2000, che sostituisce i certificati quando ammesso.
    Per situazioni particolari, come parto gemellare o condizione di genitore unico, occorre allegare ulteriore documentazione comprovante il diritto a giorni aggiuntivi.

Domanda per dipendenti pubblici e privati

  • Settore privato: la domanda deve essere inoltrata all’INPS attraverso il portale online, utilizzando le credenziali SPID, CIE o CNS, oppure tramite un patronato. Parallelamente, il lavoratore è tenuto a comunicare per iscritto al datore di lavoro le date di inizio e fine del congedo.

  • Settore pubblico: i dipendenti devono seguire le procedure interne stabilite dalla propria amministrazione, spesso attraverso sistemi informatici dedicati o tramite il protocollo interno. In molti enti pubblici è previsto anche l’invio contestuale della documentazione giustificativa all’ufficio del personale.
    In entrambi i casi è consigliato conservare copia della domanda e ricevuta di invio per eventuali controlli.

Tempistiche di preavviso

La normativa prevede un preavviso minimo di 5 giorni lavorativi rispetto alla data di inizio del congedo.

  • In caso di urgenza documentata, come parto anticipato o necessità improvvise legate alla salute della madre o del bambino, il preavviso può essere ridotto a 48 ore.

  • Il rispetto delle tempistiche è determinante, poiché il mancato preavviso può comportare problemi organizzativi per il datore di lavoro e, in alcuni casi, ritardi nell’erogazione dell’indennità da parte dell’INPS.
    Molti esperti di diritto del lavoro consigliano di comunicare la richiesta con anticipo superiore al minimo previsto, così da garantire maggiore certezza nella programmazione aziendale.

Obblighi e sanzioni per il datore di lavoro

La normativa italiana stabilisce con chiarezza che il datore di lavoro deve garantire la fruizione del congedo paternale nei tempi e nei modi comunicati dal dipendente, senza imporre modifiche arbitrarie o introdurre ostacoli non previsti dalla legge.

Ogni comportamento che limiti o renda più difficile l’accesso a questo diritto rappresenta una violazione, soprattutto se accompagnato da atti discriminatori o ritorsivi. Il datore è tenuto a rispettare il preavviso fornito dal lavoratore e ad assicurarsi che la richiesta venga gestita in conformità alle procedure stabilite, mantenendo un atteggiamento collaborativo.

Un rifiuto ingiustificato di concedere il congedo, così come eventuali comportamenti che possano penalizzare il lavoratore in termini retributivi o di mansioni, può essere contestato formalmente presso l’Ispettorato Nazionale del Lavoro o attraverso un’azione giudiziaria. La legge vieta espressamente il licenziamento o qualsiasi sanzione disciplinare legata alla richiesta o alla fruizione del congedo, offrendo al lavoratore un’ampia protezione.

In caso di accertata violazione, le sanzioni amministrative possono arrivare fino a 5.000 euro per singolo episodio, secondo quanto previsto dal D.lgs. 151/2001. Nei casi più gravi, il datore può essere obbligato alla reintegrazione del dipendente licenziato e al risarcimento del danno economico e morale subito. Qualora le condotte discriminatorie siano sistematiche e reiterate, la questione può assumere anche rilevanza penale.

Le aziende, oltre a rispettare la legge, sono chiamate a promuovere una cultura aziendale che riconosca il congedo paternale come una pratica legittima e socialmente utile, evitando pressioni, resistenze o ostacoli che possano scoraggiare i dipendenti dall’esercitare un diritto previsto e tutelato.

Benefici per la famiglia e la società

Il congedo paternale rappresenta un’opportunità concreta per migliorare la qualità della vita familiare e rafforzare la coesione tra i genitori nei primi mesi di vita del bambino. La possibilità per il padre di essere presente in questo periodo delicato favorisce lo sviluppo di un legame emotivo solido con il figlio, che potrà beneficiare fin dall’inizio di un coinvolgimento equilibrato di entrambi i genitori. Questo tempo condiviso consente alla madre di avere un supporto diretto nella gestione delle esigenze quotidiane, riducendo il rischio di sovraccarico fisico e psicologico e promuovendo un equilibrio più sano nella divisione dei compiti domestici e di cura.

Sul piano familiare, il congedo paternale contribuisce a rafforzare la collaborazione tra i partner, creando una base stabile per affrontare insieme le sfide della genitorialità. La presenza del padre non solo migliora la distribuzione delle responsabilità, ma trasmette anche al bambino un modello positivo di partecipazione attiva alla vita familiare.

Gli effetti si riflettono anche a livello sociale ed economico. Un maggiore coinvolgimento dei padri può portare a una riduzione delle disuguaglianze di genere nel lavoro, permettendo alle madri di rientrare più facilmente e con maggiore continuità nella loro attività professionale. Studi e analisi hanno dimostrato che le aziende che incoraggiano e agevolano il congedo paternale vedono un aumento della soddisfazione dei dipendenti e un miglioramento del clima lavorativo.

Il progressivo aumento dei tassi di utilizzo dimostra che questa misura sta diventando parte integrante di una nuova cultura della genitorialità, in cui la cura e la crescita dei figli sono viste come responsabilità condivise e non come compito esclusivo di uno dei due genitori. Il congedo paternale, quindi, non è solo un diritto individuale, ma uno strumento in grado di generare benefici diffusi per la famiglia, il mercato del lavoro e l’intera società.

Proposte di estensione della durata

Negli ultimi anni il dibattito politico e sindacale ha messo al centro la possibilità di aumentare la durata del congedo paternale, con l’obiettivo di avvicinare l’Italia ai Paesi europei più avanzati in tema di politiche familiari. Diverse proposte mirano a portare i giorni retribuiti dagli attuali 10 a 20 per tutti i padri, indipendentemente dal numero di figli nati, adottati o affidati.

Alcune ipotesi prevedono anche una suddivisione obbligatoria dei periodi, così da garantire la presenza del padre in più fasi della vita del neonato. Sindacati e associazioni per la tutela della famiglia sottolineano che un’estensione della durata, accompagnata da una copertura economica integrale e da norme più flessibili sulla fruizione, favorirebbe una maggiore partecipazione maschile alla cura dei figli e ridurrebbe il divario di genere nel mercato del lavoro.

Tra le proposte più discusse vi è anche l’introduzione di un periodo minimo obbligatorio di congedo paternale, per scoraggiare la rinuncia e rendere la misura una prassi consolidata nelle aziende. Dal punto di vista governativo, l’aumento dei giorni richiede una valutazione dell’impatto finanziario, poiché l’indennità è interamente a carico dell’INPS. Alcuni studi di settore, tuttavia, evidenziano che il ritorno in termini di benessere familiare, produttività aziendale e maggiore continuità occupazionale delle madri potrebbe compensare i costi iniziali.

Confronto con altri Paesi europei

Il congedo paternale in Italia, attualmente pari a 10 giorni retribuiti al 100% (20 in caso di parto gemellare o plurimo), rispetta il requisito minimo stabilito dall’Unione Europea ma rimane al di sotto degli standard di diversi Paesi membri.

In Spagna il congedo di paternità ha una durata di 16 settimane, completamente retribuite, ed è equiparato al congedo di maternità, con una parte non trasferibile da utilizzare obbligatoriamente subito dopo la nascita. In Francia i padri possono usufruire di 28 giorni retribuiti, di cui una parte obbligatoria, con incentivi alle aziende che ne agevolano l’utilizzo.

In Portogallo il congedo paternale è fissato a 20 giorni lavorativi obbligatori, più 5 facoltativi, anch’essi retribuiti. Nei Paesi nordici, come Svezia e Norvegia, il modello è ancora più avanzato: il congedo parentale è condiviso tra i genitori e comprende una quota riservata ai padri che, se non utilizzata, va persa, garantendo così un elevato tasso di fruizione maschile.

Il confronto internazionale dimostra che una maggiore durata del congedo paternale, combinata con un sistema di retribuzione integrale e con la previsione di giorni obbligatori non trasferibili, può aumentare in modo significativo la partecipazione dei padri alla cura dei figli.

L’Italia, pur avendo fatto passi avanti con il recepimento della direttiva UE 2019/1158, ha ancora margini di miglioramento per allinearsi ai Paesi che hanno fatto di questa misura un pilastro delle proprie politiche familiari.

Considerazioni finali

Il congedo paternale è uno strumento indispensabile per una genitorialità equilibrata e per il benessere complessivo della famiglia. L’aumento costante delle richieste è il segnale di un cambiamento culturale che va sostenuto con politiche lungimiranti, comunicazione chiara e misure sempre più inclusive.

Questo sito utilizza cookie tecnici per migliorare la tua navigazione. Clicca su Maggiori informazioni se vuoi saperne di più e su Accetto per dare il tuo consenso. Maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi